Una pietra

Una piccola pietra nera sedeva placida sul ciglio di un grosso masso. 

 Ogni mattina, i raggi del sole, facendo capolino tra le nuvole ancora assonnate, la ricoprivano, asciugando le gocce di brina che ne rivestivano la superficie come un pigiama. 

Nelle ore più calde, il vento, soffiando piano, spazzava via la polvere che si era posata sulle facce e nelle fenditure, rendendola lucida come uno specchio. 

 Il mondo le girava intorno, lento, mentre le stagioni si alternavano, regolari. 

 Una volta l’anno, la neve la ricopriva quasi per intero, lasciandone emergere solo una puntina: quel tanto che bastava per non perdere di vista l’orizzonte, che ogni giorno mutava in una moltitudine di forme e colori. 

Osservava l’erba crescere e i fiori sbocciare, la pioggia formare piccoli rivoli zampillanti che scendevano poi, lenti, a valle. 

 Amava ascoltare il vento fischiettare su armonie arcaiche e il verso rauco degli stambecchi, che si rifletteva in echi lontani. 

«La vita che mi gira intorno» — rifletteva — «non può che essere un regalo che il Dio delle pietre ha voluto donare proprio a noi, fatte della sua stessa sostanza. 

 Altrimenti, perché il sole continua a riscaldarmi, la pioggia a lavarmi, il vento a rinfrescarmi tutto l’anno? 

 Come potrei spiegare alla grigia terra che giace sotto di me la meraviglia dei colori che si alternano all’orizzonte? 

 Se anche potessi parlarle, e spiegare la magia di tutto quel che vedo e sento, non potrebbe capire». 

E così, tutto il giorno, ripeteva le stesse conclusioni a ogni essere animato, o non animato, che fosse alla giusta distanza per ascoltare. 

 Ne parlò alla farfalla dalle ali gialle e blu, che si posava a riposare sulla sua superficie levigata, agli animali che, brucando l’erba, finivano per leccarla alla base, alle formiche che si muovevano rapide in file ordinate, alle lumache che, avanzando lente, lasciavano lunghe scie bavose e appiccicaticce, alle foglie secche che, ondeggiando, si lasciavano cadere a terra. 

 «Ovunque, intorno, è un brulicare di vita, e le rocce » — pensava — «sono state create per prendersi cura della Terra, è evidente. Basta rivolgere lo sguardo ai colossi che dominano il cielo, guidando i venti, distribuendo l’acqua delle piogge, diradando le nuvole, conservando la neve affinché non venga dispersa». 

Nelle notti senza luna, la piccola pietra rimaneva ore a osservare, sbigottita, la volta del cielo: 

 «Ecco, in cielo, le anime degli antenati. Quando è giunto il loro turno di abbandonare questo mondo, Dio le ha trasportate lassù in alto, trasformandole in preziosi pezzi di luce». 

Il tempo, intanto, scorreva veloce. Il giorno lasciava il posto alla notte, il sole alle stelle, l’inverno alla primavera, e questa all’estate, che poi si precipitava nell’autunno, per poi tornare alle fredde nevi invernali, in un ciclo che pareva eterno. 

Finché, un giorno qualsiasi di un anno qualunque, un’enorme macchina gialla con un grosso braccio dentato iniziò a scavare il terreno poco distante. 

 Dapprima apparve un grosso buco, poi una voragine. 

La terra franò su se stessa, fino a scivolare piano da sotto la piccola pietra. 

 Sentì la sua posizione inclinarsi. Per la prima volta dopo secoli, aveva perso il contatto saldo con il suo mondo. 

 Scivolò, lentamente all’inizio, poi con crescente velocità, lungo un pendio terroso, finché non rotolò in un crepaccio. 

Per un attimo, il buio prese il posto della linea dell’orizzonte. 

 Poi, pian piano, una nuova luce si espanse nello spazio, tremolante come onde marine che si rincorrono l’una con l’altra, variando continuamente di colore. 

 Una miriade di piccoli punti luminosi danzava in strette fasce di luce che, attraversando piccole fenditure nel tetto della grotta, come lamine d’acciaio, trafiggeva le acque blu del ruscello sotterraneo. 

«Le stelle» — esclamò sorpresa la piccola pietra — «viaggiano nella luce; non sono ricamate come pietre preziose nella trama del cielo, ma si muovono partecipando all’armonia universale. 

 Quindi anche io, un giorno, quando avrò smesso di essere solo una piccola pietra, potrò partecipare al gioco perpetuo della trasformazione». 

Così pensando, volse lo sguardo alle acque che, ondeggiando piano su cristalli dorati, riflettevano ora, sulla volta blu della grotta, una miriade di minuscole stelle colorate. Osservò per un attimo quello spettacolo che conservava intatto il sapore dell’eternità e poi, dopo un lungo sospiro, si addormentò.

© 2025 Carlo Importuna — Tutti i diritti riservati

4 commenti su “Una pietra”

  1. Il modo di esaminare la natura è molto profondo ,anche se semplice. Da una piccola idea nascono tanti pensieri e nuove impressioni di vita. Bello!

    1. Grazie di cuore. Proprio così: da una piccola idea possono nascere tanti pensieri… così come da una semplice pietra può sgorgare un intero universo di vita e di visioni.”

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